Luca 6,27-38 - in occasione della Festa della Riforma - pastore Eric Noffke
Rimini, domenica 10 novembre 2019
Sermone su: Luca 6,27-38
Sedicesima dopo Pentecoste
pastore EricNoffke
Luca 6,27 27 «Ma a voi che ascoltate io dico: amate i vostri nemici, agite bene nei confronti di quelli che vi odiano. 28 Benedite coloro che vi maledicono, pregate per quelli che vi maltrattano. 29 A chi ti colpisce sulla guancia, porgi anche l’altra e non negare anche la veste a chi ti prende il mantello. 30 Da’ a chi ti chiede, e non chiedere indietro le tue cose a chi te le ha prese. 31 Fate loro le stesse cose che vorreste che facessero a voi. 32 Se amate chi vi ama, che merito ne avete? anche i peccatori, infatti, ricambiano l’amore di quelli che li amano. 33 E [infatti] se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, qual è il vostro merito? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34 E se prestate a quelli da cui vi aspettate di ricevere indietro, qual [è] il vostro merito? Anche i peccatori prestano ai peccatori per ricevere altrettanto. 35 Piuttosto, amate i vostri nemici, fate del bene e prestate a coloro da cui non pensate di ricevere nulla; il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’altissimo, perché anche lui è generoso con gli ingrati e i malvagi. 36 Siate misericordiosi come [anche] il Padre vostro è misericordioso. (trad. BIR)
Care sorelle e cari fratelli,
L’immagine che i protestanti più amano della Riforma è quella di Lutero fermo e irremovibile davanti all’imperatore che gli chiede di ritrattare le sue tesi: A meno che sulla base delle Scritture non mi si provi che ho torto, la mia coscienza mi impone di restare saldo nella mia posizione. Ci piace questa scena, perché ben rappresenta un aspetto della fede riformata a cui teniamo tanto, quello del coraggio di prendere sempre posizione per la causa della giustizia di Dio.
Se questo rimane un elemento fermo e imprescindibile della nostra identità, dobbiamo ricordare che la Riforma ci ha anche insegnato a far sempre riferimento alle Scritture. E queste ci insegnano a loro volta che la realtà in cui prendiamo posizione non è mai fatta di verità adamantine, di bianco e di nero, ma piuttosto di sfumature di grigio… Se così non fosse, se fosse così facile distinguere il bene dal male, non ci sarebbe bisogno della grazia di Dio che ci riscatta dal nostro peccato.
In quest’ultima direzione vanno le parole di Gesù che abbiamo appena letto dal vangelo di Luca. Proprio nella domenica in cui celebriamo la riforma protestante, in cui ricordiamo anche la dura divisione e contrapposizione che ne nacquero in seguito alla scelta di così tante persone di decidere in una direzione o in un’altra in nome della Verità, Gesù ci rammenta che qualunque scelta radicale facciamo, noi siamo sempre chiamati ad amare i nostri nemici, a fare del bene a quelli che ci odiano. E se già questo non fosse di per sé un insegnamento abbastanza sorprendente, la motivazione che viene data è ancora più curiosa: poiché egli (cioè Dio) è buono verso gli ingrati e i malvagi.
Quest’affermazione ci aiuta molto bene a comprendere il contesto in cui Gesù colloca questi insegnamenti, cioè questo mondo dove è così difficile cogliere l’azione di Dio, la sua giustizia. Pensiamo alla parabola delle zizzanie (Matteo 13,24-43) oppure all’affermazione di Gesù per cui Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Matteo 5,45): la pioggia in Israele è fonte di vita, è quindi di benedizione. E della benedizione di Dio si avvantaggiano non solo i giusti, ma paradossalmente anche gli empi, i malvagi. Già, nelle parole di Gesù, l’amore di Dio è una realtà incomprensibile secondo i metri di giudizio umani e onnicomprensiva, perché comprende buoni e cattivi, giusti e ingiusti. Solo alla fine dei tempi, quando verrà la mietitura, il grano sarà separato dalle zizzanie, e il mondo verrà rimesso in ordine secondo i principi della giustizia di Dio. Fino a quel momento, però, le due realtà rimangono mescolate e tutti vivono della benevolenza e della grazia di un Dio giusto e misericordioso. Gli uni se ne rendono conto e sono riconoscenti, gli altri se ne disinteressano e pensano solo a se stessi. Abbiamo dunque davanti a noi una successione di due tempi che caratterizzano la storia umana: l’oggi, segnato da una mescolanza, ed il domani della fine dei tempi, caratterizzato da una separazione definitiva tra il bene e il male.
È chiaro che questa è una constatazione che lascia insoddisfatto il nostro desiderio di giustizia: vorremmo separare le cose già oggi! Vorremmo vedere immediatamente la giustizia di Dio all’opera, e non tanto quella umana, così fallace... Ecco, quindi, che le chiese hanno cercato, in ogni tempo, di cominciare a separare le pecore dai capri. Un atteggiamento che normalmente nasce a fin di bene, dal desiderio di realizzare la giustizia in questo mondo, di testimoniare chiaramente la santità di Dio, ma che, come la storia ci insegna, non ha fatto che creare dei mostri: ecco, quindi, che sono arrivate la discriminazione, l’emarginazione, l’inquisizione, la caccia alle streghe... Tutto questo perché è stato dimenticato uno dei comandamenti fondamentali di Gesù: non giudicare! Non giudicare perché, come tu hai giudicato, così sarai giudicato. Non giudicare, perché il giudizio umano è fallace e sbagliato, e non riesce a cogliere al di là dell’apparenza. Non giudicare, perché il giudizio umano è senza pietà e non conosce l’amore. Non giudicare, perché il giudizio umano è egoista, e vede i peccati degli altri, tralasciando i propri. Quando vogliamo togliere la zizzania da intorno a noi, oppure eliminare il nostro nemico, dobbiamo sempre ricordarci che per l’altro possiamo essere noi la zizzania, il nemico.
Questa immagine vale non solo per l’umanità in generale, ma anche per il singolo individuo. Come diceva Lutero, noi restiamo fino alla fine dei nostri giorni allo stesso tempo giusti (perché giustificati da Dio) e peccatori (perché questa è la nostra natura). Dentro di noi grano e zizzania sono mescolate in maniera indissolubile, e ciascuno di noi deve cercare di far fronte a questo confitto interiore tra santità e peccato, cercando la sua via, accettandoci per quello che siamo, ma con la coscienza che la parola evangelica può farci crescere nel bene, e aiutarci a donare al prossimo fugaci immagini del Regno, quando siamo capaci di amare. Eppure, così facilmente possiamo diventare il nemico di noi stessi e arrivare perfino ad odiarci. Gesù, al contrario, ci insegna a vincere questo odio con l’amore e a cercare la nostra pace interiore, imparando a fare i conti con la nostra natura di peccatori e peccatrici (giustificati da Cristo).
La domanda che dobbiamo porci, per dirla in altre parole, è se dobbiamo accettare questa mescolanza così com’è in noi e nel mondo senza porci delle domande, senza proporre dei modelli, oppure se c’è un percorso di vita che come chiesa e come singoli possiamo percorrere per combattere contro il peccato, contro il Male. In quanto protestanti, siamo chiamati a trovare la nostra via tra lo slancio ideale indicatoci dal Lutero, che rimane fermo davanti all’imperatore, e la coscienza che la nostra testimonianza va resa in un mondo contraddittorio, dove bene e male non sono facili da distinguere e dove la natura umana è spaventosamente complessa. Dobbiamo annunciare la giustizia di Dio, ma non possiamo sostituirci a Dio nel giudizio. Se, dunque, i poteri di questo mondo cercano continuamente di dividere l’umanità in categorie nemiche le une delle altre, la Chiesa è chiamata a unire e a creare spazi di dialogo e incontro. È giusto prendere posizione, anche con decisione, ma sempre coscienti della vocazione ad amare il nostro nemico.
Noi siamo chiamati ad accogliere, amare, e se nella chiesa entreranno anche le zizzanie non importa: ci riteniamo davvero così immuni al peccato? È dunque da me, dal mio peccato che devo partire, per capire me stesso e per aiutare il mio prossimo a vedere il suo peccato e aiutarci a vicenda in questo sforzo per vivere l’amore di Dio. Per capire il peccato devo partire dalla coscienza della mia incapacità di giudicare, e dal fatto che io non posso sostituirmi a Dio nel giudizio: a Dio solo appartiene, e Lui solo metterà in ordine i guai fatti dagli esseri umani alla fine dei tempi. Il nostro compito oggi è vivere la nostra vocazione cristiana con questa coscienza, per essere donne e uomini capaci di accogliere e di dialogare anche col nemico, nella consapevolezza di essere una chiesa di peccatori e peccatrici che vivono solo ed esclusivamente della grazia di Dio.
Amen